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Per la categoria, sotto le mentite spoglie di una semplificazione è stata creata una nuova professione sotto il controllo esclusivo dell'albo gestori, con riserve e prerogative in sfregio alle competenze professionali già esistenti, "Il Governo si informi prima di inventare soluzioni barocche", denuncia il presidente Zingales

Il Consiglio Nazionale dei Chimici contesta contenuti e modalità con cui è stato emanato il Nuovo Regolamento per l'albo di Gestori Ambientali in vigore dallo scorso 7 settembre, che, secondo il presidente del Cnc Armando Zingales "è stato costruito al di fuori delle norme costituzionali. Il nuovo regolamento, sotto mentite spoglie di una semplificazione, infatti, introduce, per la figura del responsabile tecnico, requisiti di accesso - e di permanenza - che creano una sorta di riserva indiana, definita in sfregio alle competenze esistenti da molti decenni, già perfettamente legittimate da regolamentazioni professionali che ne attestano autorevolezza e credibilità, ancor più oggi che esiste l'obbligo di formazione professionale continua".

Insomma, ai chimici italiani proprio non sono piaciute le novità introdotte nella gestione di temi ambientali di primo piano, come la corretta gestione rifiuti e le bonifiche. "Sono argomenti seri che vanno affrontati cercando la collaborazione di professionalità tecniche riconosciute che possiedano capacità adeguate ad un impegno tanto complesso. Chiediamo al Governo - riprende il presidente Zingales - di dire a chi prepara le bozze delle norme che è necessario informarsi meglio sulla legislazione vigente, prima di inventare soluzioni barocche che paiono avere come unica finalità la creazione di un mercato obbligatorio per i corsi di formazione erogati sotto l'egida dell'albo gestori. La scarsa conoscenza delle questioni spinge i nostri poco avveduti legislatori a delle improvvide fughe in avanti, inutili quando non dannose per la stessa economia del Paese". È il caso, fanno notare i chimici, del provvedimento introdotto nella conversione in legge del DL 91/2014 che, per la valutazione della pericolosità dei rifiuti, in completa dissonanza con le norme europee - ma anche con le più recenti posizioni in sede di gruppi tecnici della commissione - ribalta sul produttore dei rifiuti l'obbligo di valutare non solo le caratteristiche di pericolo determinabili per le sostanze potenzialmente presenti nel rifiuto, ma anche ogni ipotetica caratteristica di pericolo individuata dal legislatore europeo, eppure non ancora applicabile in assenza di criteri normativi o tecnici funzionali alla loro valutazione. Questo, di fatto, impedisce valutazioni serie sulla materia bloccando la corretta gestione dei rifiuti. Infatti se, in appendice a questa norma, si prevede che tutto quanto non risponde a questi criteri non individuati, né individuabili, debba essere gestito come rifiuto pericoloso, si determina contemporaneamente il blocco totale del paese poiche' 'e impedita ogni forma di gestione legale dei rifiuti in Italia e la violazione dei principi cardine delle norme europee in materia di recupero dei rifiuti e gestione sostenibile delle risorse.